domenica 31 ottobre 2010

ANZIANI


Anziani (Enzo Pedrocco)

Case di riposo lager, una vergogna nazionale

Dichiarazione di Michele Mangano

Presidente Nazionale Auser

Mentre tutta l’Italia è presa dal caso dell’omicidio di Avetrana, in Sicilia veniva scoperta dai Nas l’ennesima casa di riposo “lager”. Le poche immagini passate in televisione ci raccontano di sporcizia, degrado, squallore indicibile. Immagini che prendono lo stomaco e che dovrebbero indignare l’intero Paese.


Sullo sfondo anziani soli, non autosufficienti e indifesi, costretti a subire maltrattamenti e umiliazioni di ogni sorta.

Il quadro che emerge nel nostro Paese è poco edificante: sono tantissime le case riposo al nord come al sud, aperte senza autorizzazioni con deficit assistenziali e quant’altro.
Una realtà orribile che certo non fa onore ad un paese civile ma che purtroppo non riesce a dare seguito alla reazione indignata delle istituzioni e della politica. Una realtà diffusa ma sommersa. Gli anziani ospiti nelle case di riposo non sono cittadini di serie B, ed hanno il diritto ad essere tutelati e curati al meglio.

La mancanza di una adeguata assistenza igienico-sanitaria può infatti portare gli anziani ricoverati verso una lenta e inesorabile vita vegetativa. Nei casi peggiori alla morte.

Per questo vogliamo richiamare l’attenzione sulla necessità che controlli e verifiche sistematici e continuativi nel tempo e sull’intero territorio vengano effettuati nelle case di riposo private ed anche nelle RSA.
Perché gli anziani soprattutto i non autosufficienti e gli anziani soli, abbiano garanzia di cura e assistenza adeguata e professionale. Perché anche la loro dignità venga rispettata sempre. Perché la “malasanità” non si sommi alla “malassistenza”.

Richiamiamo le autorità e le istituzioni a vigilare sempre affinché le norme e le leggi che regolano l’apertura e la gestione delle Rsa e delle case di riposo siano applicate e rispettate con estremo rigore. Esistono precise norme di accreditamento che fissano in modo preciso requisiti, standard di sicurezza, rapporto fra anziani ricoverati e operatori. Queste regole devono essere rispettate.

Anche il volontariato può fare molto, essere un occhio attento e vigile all'interno delle strutture in cui opera. Il problema è che in molte strutture private, ci è negato l'accesso.


Fonte:

http://www1.auser.it/IT/Tool/Press/Single/view_html?id_press=32

giovedì 15 luglio 2010

"LE MILLE E UNA NOTTE" A RISCHIO CENSURA IN EGITTO

Foto tratta dal Portale della Danza del Ventre(http://www.taus.it)


Quelle blasfeme "Mille e una notte" a rischio censura in Egitto



E’ il capolavoro più amato e osannato della letteratura orientale. “Le mille e una notte”, le storie di Sherazad, di Aladino, di Sinbad il Marinaio, di Ali Babà e dei quaranta ladroni, rischiano la censura in Egitto. Questo famoso zibaldone di storielle fa infuriare gli islamisti e i conservatori, anche perché la protagonista è un’“eretica” come Sherazad, la figlia dei Sassanidi, i re della Persia pre islamica e zoroastriana, prima della conquista araba del 641 d.C. Nonostante il procuratore generale abbia giudicato “irricevibile” un primo ricorso dei fondamentalisti musulmani, rappresentati dagli “Avvocati senza restrizioni”, gli islamisti annunciano di voler proseguire nel tentativo di mettere al bando il testo, bollato come “osceno” e “antislamico”. Cercano di sfruttare l’articolo 178 del codice penale egiziano, secondo cui chi pubblica “materiale immorale” rischia due anni di carcere. E secondo gli islamisti il famoso testo immorale lo è, in quanto vi si mostra il califfo Harun al Rashid in atto di bere quel vino maledetto dal Corano ma celebrato dalla poesia araba medioevale, nonché scene di un erotismo molto intenso. Già negli anni Ottanta gli islamisti tentarono, invano, di bandire “Le mille e una notte”. Il caso ieri è esploso anche su molti quotidiani internazionali, dal Los Angeles Times all’Independent. Perché il bando è evocato nel più grande paese arabo avviato verso una difficile transizione dopo l’era Mubarak. C’è grande agitazione al Cairo, con il sindacato degli scrittori che ha bollato l’iniziativa come un “attacco al patrimonio culturale dell’umanità”. “Le mille e una notte” parlano molto di sesso, sensualità, erotismo, e proprio il sesso ha avuto molto a che fare con la sua fortuna in occidente, sin da quando un diplomatico francese in missione in oriente, Antoine Galland, portò Shahrazàd in Europa e cominciò a tradurla agli inizi del XVIII secolo. Nel “Tempo ritrovato” Proust non nasconde il fascino subìto dalla raccolta di storie. I racconti furono capaci di fondare l’immagine di un oriente incantato, misterioso. Edward Said, teorico dell’orientalismo, scrisse invece che il libro fu la vera premessa e giustificazione di ogni colonialismo, non solo culturale. “Comprendiamo che questo tipo di letteratura è accettabile in occidente, ma noi abbiamo una cultura differente”, dice Ayman Abdel Hakeem, a capo degli avvocati islamici querelanti. Mohamed Salmawy, a capo del sindacato degli scrittori, replica che “il movimento islamista vuole riportare indietro gli intellettuali”, paragonando l’eventuale messa al bando del libro alla distruzione dei Buddha di Bamiyan da parte dei talebani in Afghanistan. C’è timore per una possibile vittoria degli islamisti. Anche considerando i precedenti. Nel 1990 in Egitto il teologo Nasr Hamid Abu Zayd fu minacciato di morte per avere proposto la storicizzazione del Corano. Successivamente nel giugno 1995 fu dichiarato “apostata” da un tribunale egiziano che lo fece divorziare d’ufficio dalla moglie, tanto che Abu Zayd dovette abbandonare l’Egitto alla volta dell’Olanda. La stessa sorte toccherà all’attivista egiziana Nawal al Saadawi, anche lei divorziata d’ufficio dal marito. I fondamentalisti islamici, che ruotano nell’alveo dei Fratelli musulmani, sono sempre più influenti nei mezzi di comunicazione e nella società. Sempre in Egitto lo scrittore liberale Farag Foda, pochi giorni dopo essere stato dichiarato apostata dalla venerabile Università di al Azhar, fu ucciso con il figlio. Sempre in Egitto Didier Monciaud, docente all’Università americana del Cairo, scoprì dalla lettura dei giornali che l’uso nelle sue lezioni su Maometto dell’orientalista francese Maxime Rodinson aveva offeso alcune famiglie dei suoi studenti con la conseguenza che il libro venne bandito e il docente cacciato. Anche il premio Nobel Nagib Mahfuz si vide travolgere dalla censura islamista a causa del romanzo “Ragazzi del nostro quartiere”, diventando un “apostata”. Mahfuz fu quasi pugnalato a morte per l’accusa di deviazionismo e blasfemia.

Il FOGLIO,14/07/2010 (pag.3)

sabato 24 aprile 2010

DECINE DI BLOG ANTISEMITI SU INTERNET



L'OPINIONE - Dimitri Buffa : " Il comitato di indagine parlamentare sull'antisemitismo denuncia: decine di blog antisemiti su internet"

Proprio nel giorno in cui ricorre il 62 anniversario della fondazione dello stato di Israele, il cosiddetto “yom azmauth”, l’Italia scopre di essere un paese a grosso rischio di anti semitismo. E in una delle ultime audizioni del Comitato di indagine conoscitiva su questo ignobile fenomeno, presieduto dall’onorevole Fiamma Nirenstein del Pdl, all’interno della Commissione Affari Costituzionali, è stata molto significativa l’affermazione del rav Benedetto Carucci, responsabile delle scuole ebraiche romane, secondo cui anche questa overdose di gite ad Auschwitz delle scolaresche italiane rischia di banalizzare quei ricordi invece che spiegarli bene ai giovani. La giornata della Memoria, ad esempio, sta diventando “una comoda maniera di lavare la propria coscienza senza indagare sulle origini profonde di questo fenomeno”. L’antisemitismo in Italia corre anche e soprattutto su internet ed è prerogativa di siti del fondamentalismo islamico, di quello cattolico, dell’estrema destra e persino dell’estrema sinistra. Che con il paravento della causa palestinese da tempo ha infranto questo tabù. Di tutto ciò e di altro ancora si è parlato ieri sera a un incontro tenutosi al palazzo della Provincia di Roma alla presenza proprio della giornaista Fiamma Nirenstein e di Riccardo Pacifici presidente della comunità ebraica di Roma. Uno dei relatori. Stefano Gatti, responsabile del centro di documentazione ebraica di Milano (il Cdec), che in mattinata aveva esposto gli stessi dati al suddetto comitato conoscitivo, ha illustrato agli astanti i principali siti dell’odio anti semita.

Quelli classificabili di estrema destra,in parte catto integralisti e in parte islamo fascisti, sono: Holy War, TerraSantaLibera, EffeDiEffe, Italia Sociale , Radio Islam, ANTIZOG, Il blog politicamente scorretto dell’avvocato Edoardo Longo. Quelli di estrema sinistra invece sono

Arcipelago, Aginform Foglio di Corrispondenza comunista, The Writing of Israel Shamir, la Agenzia Stampa InfoPal.it, l’Associazione di Amicizia Italo-Palestinese Onlus. Leggendo i nomi di questi ultimi siti, apparentemente meno aggressivi dei primi, si stenta a credere che l’odio verso Israele si trasformi in stereotipo anti semita, ma basta andarci dentro per rendersi conto di quanto i confini siano labili. Poi ci sono i siti “negazionisti dell’Olocausto”: Civium Libertas, Auschwitz I, “Indagini sulla truffa olocaustica”,Andrea Carancini, OLODOGMA, Studi di Carlo Mattogno, “21 e 33 Libertà di espressione, di insegnamento e di ricerca”, CODOH e “AAARGH”. Questi ultimi due sono stranieri ma hanno anche un home page italiana. Per il 2008 l’Osservatorio del pregiudizio antiebraico della Fondazione Cdec ha indicato un numero di episodi leggermente superiore a quelli del 2007: 69 contro 53 .

Gli episodi riguardano atti di vandalismo, graffiti offensivi, e-mail di insulti a comunità o istituzioni ebraiche. Tra le nuove segnalazioni pervenute al Cdec continuano a prevalere i graffiti: sono 21 di cui 9 a Roma. Tra le scritte troviamo una prevalenza di contenuti negazionisti, la maggior parte dei quali firmati “Militia”. Se si va a leggere alcuni di questi siti si vedranno subdoli richiami alla libertà di esprssione e ad articoli della Costituzione italiana che la garantiscono. In realtà sono tutti pretesti e il comitato conoscitivo presieduto dalla Nirenstein si augura che presto anche in Italia si affronti a livello legislativo questo complesso problema.


(L'Opinione: 22 aprile 2010)

giovedì 22 aprile 2010

MINACCE ISLAMICHE A "SOUTH PARK"



Tv, episodio censurato "South Park" dopo minacce islamiche
Gio 22 Apr - 09.59


La serie televisiva satirica di animazione "South Park" ha coperto con un bip le parole Profeta Maometto trasmettendo ieri l'episodio con la scritta "censurato" dopo essere stata oggetto di un macabro avvertimento da parte di un gruppo musulmano Usa. Il cartoon irriverente trasmesso su Comedy Central ha anche sostituito un'immagine controversa vista la scorsa settimana del Profeta Maometto con un costume da orso con uno di Babbo Natale vestito allo stesso modo.Non è chiaro al momento se la mossa sia stata un tentativo di mediare dopo gli avvertimenti rivolti agli ideatori di "South Park" o se è stato un modo per scherzarci su.Un gruppo poco conosciuto, RevolutionMuslim.com, ha pubblicato un messaggio sul suo sito web nei giorni scorsi contro i creatori del cartoon Matt Stone e Trey Parker: "Quel che stanno facendo è stupido e probabilmente finiranno come Theo Van Gogh per aver trasmesso questo spettacolo".Il sito ha pubblicato una foto di Van Gogh, film maker olandese ucciso nel 2004 da un militante islamico dopo aver realizzato un film accusando l'Islam di tollerare la violenza sulle donne. Ha anche pubblicato un link ad un articolo con i dettagli di una casa in Colorado che sembra sia di proprietà di Parker e Stone.La maggior parte dei musulmani considera offensiva ogni immagine che ritragga il fondatore dell'Islam.L'avvertimento da parte del gruppo islamico ha fatto seguito alla trasmissione, una settimana fa, della prima parte dell'episodio di "South Park" cui Maometto era ritratto con un costume da orso."South Park" ha una lunga storia di satira feroce contro politici, celebrità e media. I due cineasti del Colorado sono noti per lavorare sino all'ultimo momento sugli episodi di "South Park" in modo da aggiornarli con riferimenti alle ultime notizie.Nell'episodio di ieri, Gesù era ritratto mentre guardava materiale pornografico e il Buddha mentre sniffava cocaina.

-- Sul sito www.reuters.it le altre notizie Reuters in italiano. Le top news anche su www.twitter.com/reuters_italia



mercoledì 17 marzo 2010

BAMBINI COME SCUDI UMANI



IL GIORNALE (16.03.2010) : HAMAS HA USATO BAMBINI COME SCUDI UMANI A GAZA. UNA NON NOTIZIA

CRONACA DI FAUSTO BILOSLAVO

Bambini usati come scudi umani, miliziani palestinesi travestiti da civili, oltre a moschee e ospedali trasformati in arsenali, comandi o postazioni per lanciare razzi. Un rapporto israeliano di 500 pagine denuncia le porcherie di Hamas durante la guerra nella striscia di Gaza dello scorso anno.
Il documento, anticipato ieri sul quotidiano Jerusalem Post, è stato realizzato dal Centro di informazione di intelligence e terrorismo (Malam), un'organizzazione non governativa formata in gran parte da ex agenti israeliani. Non a caso la minuziosa ricerca è stata guidata da Reuven Erlich, ex ufficiale dell'intelligence militare. Le forze armate israeliane e lo Shin Bet, il servizio segreto interno, hanno messo a disposizione informazioni, foto e riprese aeree, oltre alle confessioni dei prigionieri e le testimonianze degli ufficiali impegnati nell'operazione Piombo fuso scatenata da Israele contro Hamas, nella striscia di Gaza, fra il 27 dicembre 2008 ed il 18 gennaio 2009.
In un video citato nel rapporto, del 6 gennaio dello scorso anno, si vede un cecchino palestinese che spara contro le truppe israeliane da un palazzo. Si accorge di essere stato individuato e chiede ai civili di aiutarlo a fuggire. Poco dopo arriva un gruppetto di bambini all'ingresso dell'edificio utilizzato come postazione. Il cecchino esce e grazie ai piccoli utilizzati come scudi umani si dilegua. Un altro video del 13 gennaio 2009 mostra un capo di Hamas finito nel mirino di un velivolo israeliano. Per sfuggire all'attacco corre verso un'anziana donna camminandole a fianco pur di non venir colpito. Più tardi le truppe israeliane scopriranno che «la vecchietta» era in realtà un miliziano di Hamas travestito.
Il rapporto dell'Onu dell'ex giudice Richard Goldstone sulla guerra di Gaza sosteneva di non aver «trovato prove che i combattenti palestinesi si siano mescolati tra i civili con l'intenzione di nascondersi dagli attacchi». Gli israeliani adesso dimostrano che gli uomini di Hamas usavano abiti civili per non farsi individuare. Le conferme arrivano non solo dalle immagini, ma dalle testimonianze di diversi ufficiali che hanno combattuto in prima linea e dalle ammissioni dei prigionieri. Gli uomini di Hamas si sono addirittura mascherati da donne con bambini in braccio per fregare gli israeliani. Il rapporto Malam denuncia anche il trasporto di una partita di razzi in un rimorchio dove c'erano dei bambini, che servivano a «proteggere» il carico.
Il palazzo Andalous, nel quartiere al-Karama della città di Gaza, ridotto ad uno scheletro di cemento, è diventato un simbolo di come gli israeliani bombardavano i civili. Invece sul tetto c'era una postazione di fanatici di Allah, che non volevano muoversi nonostante le suppliche degli inquilini. «Morire con noi è un grande onore. Sia fatta la volontà di Allah», dicevano.
A Sheik Zayed, 20 chilometri a nord di Gaza city, un farmacista palestinese era barricato con la famiglia al secondo piano del suo condominio. I militanti islamici avevano piazzato una trappola esplosiva sulla strada di fronte nascondendosi al terzo piano con il detonatore. La famiglia del farmacista ha dovuto fuggire per evitare il peggio. I soldati con la stella di Davide hanno sequestrato uno schizzo con il reticolo di cecchini e trappole esplosive che aveva trasformato Beit Lahiya, una cittadina nel nord della Striscia dove si è combattuto duramente, in un enorme scudo umano. Il rapporto Malam denuncia anche l'utilizzo di un centinaio di moschee e otto ospedali come posti di comando, arsenali o zone di lancio per i razzi di Hamas. Erlich, l'ex ufficiale dell'intelligence militare responsabile del gruppo di ricerca, ha dichiarato: «Mettendo tutte le loro armi vicino alle case, operando nei dintorni delle abitazioni, dalle moschee e dagli ospedali, sparando razzi vicino alle scuole e usando scudi umani, Hamas è responsabile per la morte dei civili».



lunedì 8 marzo 2010

" 8 Marzo, i privilegi delle donne in Palestina "

Cari amici, dato che oggi è l'8 marzo, festa della donna, desidero informarvi degli straordinari privilegi che le donne hanno nel mondo islamico e in particolare in Palestina, in modo che anche noi abitanti del decadente nord del mondo possiamo imparare e migliorarci.

Non mi soffermerò su argomenti ben noti e già giustamente apprezzati come il permesso di sposarsi a partire dai sette anni e l'abitudine di farlo nella primissima adolescenza, che denota uno straordinario rispetto per la maturità delle donne musulmane, capaci di godersi una vita sessuale accanto a un adulto quando le loro coetanee europee giocano con le bambole.

Né ritornerò sulla stima che l'Islam ha nei confronti della loro purezza punendo con la lapidazione ogni forma di contaminazione subita, per esempio lo stupro (punendo la stuprata, voglio dire, non lo stupratore, ed è qui la prova dell'attenzione primaria che l'Islam dedica alle sue donne). Non vi parlerò della proibizione di intrattenersi da sole con uomini, neanche per i più superficiali motivi: solo quando si sa il valore di ciò che è esposto si temono i ladri.

E neppure voglio annoiarvi con argomenti ben noti che conseguono da questi principi, come la proibizione di guidare le automobili in posti veramente osservanti e attenti ai diritti femminili – in questo caso quello dell'incolumità – come l'Arabia Saudita. O sulle vesti sontuose e abbondanti che vengono riservate alle donne, come l'elegantissimo abito nero che copre tutto salvo gli occhi in Turchia e nel Medio Oriente, o il sontuoso burka in Afganistan: avete mai pensato quanto costa ai poveri uomini tutta quella stoffa messa attorno alle donne nel loro interesse, per tutelarne il prezioso pudore dai rapinosi sguardi del mondo? Basterebbe questo a far capire come l'Islam sia naturalmente femminista; o basterebbe l'harem, luogo meraviglioso della socialità femminile, autentico prototipo della separatezza dei gruppi di autocoscienza che sono arrivati in Occidente solo alla fine del secolo scorso.

Nè voglio accennare più che tanto al diritto di famiglia, al comando indiscusso dell'uomo sulle cose materiali, dovuto alla sua inferiorità naturale, all'affidamento dei figli solo a lui, al suo diritto/dovere di correggere fisicamente le donne che sbagliassero comportamento e così via: tutte cose pensate per sollevare le donne dalle eccessive preoccupazioni materiali. Dove altro, del resto, nel mondo moderno privo di dignità e di principi, l'onore maschile è così interamente riposto nel corpo delle donne?

No, voglio parlarvi oggi di un argomento più materiale, più concreto: l'eredità. Il Corano stabilisce, come certamente sapete, che le donne ricevano la metà dalla quota di eredità di un uomo: se un padre ha un figlio e una figlia, a questa va un terzo e a lui i due terzi. Se le figlie sono due, a lui va la metà, a loro un quarto a testa, eccetera. Vi rendete conto di come questa sia una straordinaria discriminazione positiva, a favore delle donne. Esse sono preziose di per sé, valgono il doppio e dunque dar loro la metà non è altro che riconoscere questo doppio valore.

Dovete sapere però che il popolo palestinese, avendo avuto dal cielo in sorte il compito duro ma pieno di soddisfazioni della guerra santa, è all'avanguardia anche dal punto di vista dei diritti delle donne. Non le pensa solamente come il doppio più importanti degli uomini - e dunque meritevoli della metà della componente materiale dell'eredità, visto che godono del doppio di quella spirituale.
No, il popolo palestinese, in particolare nella sua componente più avanzata, più moderna, più illuminata, quel movimento islamico Hamas che governa a Gaza per via della sua mitezza e spiritualità, ha deciso che le donne non sono solo il doppio, ma infinitamente superiori agli uomini. Di conseguenza è invalso l'uso di non appesantirle affatto con l'eredità materiale (http://www.jpost.com/MiddleEast/Article.aspx?id=170400) . Solo lo zero è in grado di riequilibrare l'infinito, e dunque nessuna eredità può essere accostata alla superiorità infinita della purezza femminile. Inoltre le creature totalmente spirituali non devono essere trattenute e appesantite da elementi così materiali come i soldi e le terre.
Sarebbe come trattenere i martiri che si fanno esplodere per andare direttamente in Cielo ricordando loro che hanno un corpo.

Ecco, io spero che anche l'Europa impari dalla spiritualità palestinese e che le femministe tutte capiscano da questi esempi che solo l'appoggio alla rivoluzione palestinese potrà introdurre anche in Occidente la giustizia fra i sessi. Se esse si convertiranno e diventeranno anch'esse, coi loro uteri, un'arma dell'Islam, come i palestinesi teorizzano per le loro donne – bé in questa maniera potranno finalmente anche loro o le loro figlie, se il Cielo lo desidera, sposarsi a sette anni, essere lapidate se stuprate, non poter incontrare da soli neppure per caso un maschio impuro, non guidare e non avere alcuna eredità, obbedire in tutto per tutto a un marito cui la legge divina assicura il diritto di picchiarle. Evviva! Buon 8 marzo eurarabo!

Ugo Volli

http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

domenica 7 marzo 2010

giovedì 4 marzo 2010

ATEOFOBIA O RISPETTO?

Ateofobia o rispetto? Lettera aperta a papa Ratzinger

di Raffaele Carcano*

Gentile sig. Ratzinger,
chi le scrive, segretario dell’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti, ha ascoltato con interesse le parole da lei pronunciate in occasione del messaggio alla Curia del 21 dicembre scorso. Sono lieto dell’attenzione da lei mostrata nei confronti delle persone «che si ritengono agnostiche o atee»: persone che, la cito testualmente, «devono stare a cuore a noi come credenti». E ci ha fatto sinceramente piacere l’invito al rispetto nei loro confronti formulato dal portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi, in occasione dell’ultimo Natale, anche e soprattutto perché accompagnato dall’ammissione che «non sempre le nostre parole lasciano intendere questo rispetto».

Sono state parole benvenute, perché la religione di cui lei è il massimo esponente mondiale non ha mai trattato molto bene chi la pensava diversamente: più il pensiero è stato eterodosso, più è stato perseguitato. E quanto è stato perseguitato chi non si è limitato ad avere dubbi sul magistero ecclesiastico, ma si è proprio posto al di fuori del cristianesimo, e della religione tout-court! Come dimenticare che Tommaso d’Aquino, ancora oggi la massima autorità teologica della Chiesa da Lei diretta, ha sostenuto nella Summa Theologiae che le persone come noi «meritano di essere tolte dal mondo con la morte»? Come dimenticare che, sulla scorta di simili concezioni dottrinali, innumerevoli tribunali inquisitoriali e bracci secolari hanno operato insieme per mandare al rogo un numero incalcolabile di vite umane? Non tema: non le scrivo per rivangare lontani episodi del passato. Vorrei semmai capire quanto possano essere realmente considerate ‘lontane’ ed ‘episodiche’ le punizioni inflitte ai dissenzienti, alla luce di quanto lei e altri importanti esponenti della Chiesa cattolica avete sostenuto negli ultimi tempi.

Ateofobia o rispetto: qual è la vostra posizione nei confronti di chi non crede?
Lo ammetto, sono un po’ in difficoltà a capire in che modo le stiamo a cuore: negli ultimi anni lei ha sostenuto, in varie riprese, che senza Dio l’uomo «perde la sua grandezza», «perde la dignità», «è lontano da sé, alienato da se stesso». Il suo destino «non può che essere la desolazione dell’angoscia che conduce alla disperazione»: il non credente, rimasto «senza orientamento», può pertanto «finire solo in strade sbagliate e con ricette distruttive». A suo dire «l’uomo, sia nella sua interiorità che nella sua esteriorità, non può essere pienamente compreso se non lo si riconosce aperto alla trascendenza».

Leggendola, la trovo sinceramente stupito che le società non diffidino di gente come noi. Se manca Dio, ha sostenuto, «i contrasti diventano inconciliabili», perché «neppure è possibile immettere nella società quei valori etici che soli possono garantire una convivenza degna dell’uomo». Al contrario, secondo lei è la speranza in una vita ultraterrena a far sì «che l’uomo non si chiuda in un nichilismo paralizzante e sterile, ma si apra all’impegno generoso nella società in cui vive per poterla migliorare». Persino il primo gennaio, dieci giorni dopo il suo messaggio alla Curia, ha detto qualcosa che stona molto con la sua supposta apertura nei nostri confronti: a suo parere, solo chi ha Dio nel cuore è «in grado di cogliere nel volto dell’altro un fratello in umanità, non un mezzo ma un fine, non un rivale o un nemico, ma un altro me stesso, una sfaccettatura dell’infinito mistero dell’essere umano».

Non sono posizioni estemporanee, le sue: si ritrovano anche nella sua seconda enciclica, la Spe salvi, dove ha scritto che «un mondo senza Dio è un mondo senza speranza». Mi permetta di dissentire: che «le più grandi crudeltà e violazioni della giustizia» siano scaturite dall’assenza di Dio è tutto da dimostrare: cosa che lei, nel resto di quel testo, si è comunque guardato bene dal fare. Sono passati già più di tre secoli da quando il protestante Pierre Bayle, nei Pensieri della cometa, sostenne che «l’ateismo non conduce necessariamente alla corruzione dei costumi»: possibile che i cattolici siano rimasti così indietro?

E invece, anche nella sua terza enciclica, la Caritas in veritate, lei ha scritto che «la chiusura ideologica a Dio e l’ateismo dell’indifferenza, che dimenticano il Creatore e rischiano di dimenticare anche i valori umani, si presentano oggi tra i maggiori ostacoli allo sviluppo. L’umanesimo che esclude Dio è un umanesimo disumano». Eppure, a smentirla è una fonte autorevole come l’Indice di Sviluppo Umano redatto dalle Nazioni Unite: i paesi con il maggior numero di atei si collocano ai primi posti, mentre quelli che si trovano in coda alla classifica hanno tutti una popolazione incredula di dimensioni risibili, se non nulla.

Sembra quasi che, per lei, l’ateismo sia una sorta di bad company a cui attribuire ogni male: tutto ciò che è sbagliato nel mondo è ateo. Persino ciò che, secondo l’opinione pubblica, rappresenta il Male Assoluto, e cioè il nazismo, è stato secondo lei una dittatura atea. In visita in Israele, ha dichiarato che ad Auschwitz «così tanti ebrei, madri, padri, mariti, mogli, fratelli, sorelle, amici, furono brutalmente uccisi sotto un regime senza Dio». In un’altra occasione ha sostenuto l’antitesi «tra l’umanesimo ateo e l’umanesimo cristiano», «che attraversa tutta quanta la storia», e che avrebbe, sempre secondo lei, trovato il suo massimo compimento nei lager nazisti, che «possono essere considerati simboli estremi del male, dell’inferno che si apre sulla terra quando l’uomo dimentica Dio e a Lui si sostituisce, usurpandogli il diritto di decidere che cosa è bene e che cosa è male, di dare la vita e la morte».

Lei, sig. Ratzinger, il nazismo l’ha conosciuto personalmente; lei sa benissimo che la Chiesa cattolica sottoscrisse con esso, soltanto sei mesi dopo l’ascesa al potere di Hitler, un Concordato autorevolmente siglato dal futuro papa Pio XII; lei sa che il partito cattolico tedesco, il Zentrum, votò la concessione dei pieni poteri ad Adolf Hitler, così come sa che il Vaticano ne avallò il successivo dissolvimento, favorendo la confluenza di molti suoi autorevoli esponenti nel partito nazista (a cominciare da Franz von Papen, vice-cancelliere dello stesso führer); lei sa che tanti regimi filo-nazisti furono attivamente sostenuti dalla Chiesa cattolica, e che uno di essi, quello slovacco, era guidato addirittura da un monsignore. Lei, sig. Ratzinger, in quanto ex-soldato della Wehrmacht ha indossato una cintura che riportava, sulla fibbia metallica, il motto «Gott mitt uns», «Dio è con noi».

Le sue parole non sono isolate. Il suo predecessore, Karol Wojtyla, nella sua enciclica forse più famosa, la Centesimus Annus, ha scritto che «la negazione di Dio priva la persona del suo fondamento». Il cardinale di Torino, Agostino Poletto, ha affermato che l’ateo è «un pover’uomo o una povera donna, con una prospettiva corta perché non crede in una vita oltre la morte. È una persona da compatire, da una parte, ma da aiutare perché è senza speranza e pensa che tutto finisca qui sulla terra». Il cardinale Cormac Murphy-O'Connor, già primate d’Inghilterra e Galles, non soltanto ha ricordato che «per Gesù, l'incapacità di credere in Dio e di vivere per fede è il più grande dei mali», ma è arrivato a sostenere «gli atei non sono totalmente umani». Per il cardinale Darío Castrillón Hoyos, prefetto della Congregazione per il clero, «un adulto ateo è un povero orfano».

Saranno miei limiti, ma le parole usate dalle gerarchie ecclesiastiche nei confronti degli atei e, più in generale, dei non credenti sono pesantissime: in esse non scorgo alcuna forma di rispetto. Si può ovviamente pensare quello che si vuole di ciò che scrivono autori quali Piergiorgio Odifreddi o Richard Dawkins (peraltro argomentando e tentando di supportare con evidenze le proprie tesi) ma, rispetto a ciò che scrivete voi, sono al massimo punture di spillo. La vostra è un’autentica demonizzazione di chi non appartiene alla Chiesa cattolica: sarà forse un caso che, per farne parte, occorra ancora oggi sottoporsi a un rito che contempla l’esplicita rinuncia a Satana? Forse non ve ne accorgete, ma state vilipendendo la dignità di chi non crede: ogni tanto ne negate addirittura l’umanità, l’appartenenza al genere umano. Ed è chiaro che se si nega questo, negare diritti è il passo logico conseguente.

Perché, come all’epoca dei bracci secolari, il passaggio dalla teoria alla pratica è sempre sorprendentemente rapido. Ha avuto modo di sapere cosa è successo, in Italia, dopo che la Corte di Strasburgo ha accolto il ricorso presentato da una nostra socia contro la presenza dei crocifissi nelle aule scolastiche? Sulla recinzione della sua abitazione sono state dipinte tre croci, accompagnate dalla scritta «Cristo». Un sindaco-onorevole leghista, tale Massimo Bitonci, ha dichiarato che se lei e la sua famiglia «dovessero passare per Cittadella, potrebbero trovare i loro faccioni attaccati ai muri con la scritta ‘Wanted’»; ha anche consigliato al suo collega di Abano Terme, dove risiede, di revocarle la cittadinanza. Il sindaco di Pescara, Luigi Albore Mascia, ha censurato la richiesta del locale circolo UAAR di affiggere manifesti con la scritta Crocifisso a scuola? No grazie, ritenendo che «è facoltà dell’Ufficio competente rifiutare l’affissione di materiale pubblicitario il cui contenuto possa integrare ipotesi di reato». Nel mio piccolo, sono stato uno dei tre destinatari di una sorta di fatwa televisiva («possono morire, ma il crocifisso resterà nelle aule»): l’ha emanata un politico non proprio di second’ordine, il ministro della difesa Ignazio La Russa. Il silenzio delle gerarchie ecclesiastiche su questi episodi è stato totale: come potete pretendere che vi si creda, quando pretendete che il crocifisso sia un «simbolo universale d’amore»?

Spero dunque che comprenda, sig. Ratzinger, il motivo per cui le sue parole di apertura ci lasciano un pochino diffidenti: da bravi empiristi, in via preferenziale preferiamo attenerci ai fatti. Ma non siamo certo refrattari a un dialogo, anche nel «cortile dei gentili» da lei recentemente evocato. Purché sia un dialogo, e non un momento di evangelizzazione, come sembra aver capito Vittorio Possenti, commentando le sue parole su Avvenire: secondo Possenti, «come Paolo ad Atene, bisogna nuovamente annunciare il Dio ignoto nel grande areopago planetario». Certo, sappiamo che la Congregazione per la dottrina della fede, solo due anni fa, ha ribadito che Cristo vuole che «tutti diventino un solo gregge e un solo pastore» (lei, suppongo): ma già padre Lombardi aveva saggiamente messo in guardia dal far sentire i non credenti «un oggetto di missione». Occorre inoltre che il dialogo sia veramente tale: una conversazione tra più parti, e non un monologo. Un dialogo tra pari. Del resto, i non credenti sono, nel mondo, stimati in circa un miliardo: più o meno quanto i cattolici.

Ci creda: ci farebbe piacere scambiare qualche chiacchiera con lei. Sappiamo che è possibile. Paolo VI fu capace, nel 1965, di creare un Segretariato per i non credenti (in seguito, chissà perché, smontato da Giovanni Paolo II) che nel corso di due decenni organizzò diversi incontri di altissimo profilo, con la partecipazione di studiosi di valore mondiale. Lei stesso, visitando la Repubblica Ceca, la nazione più secolarizzata d’Europa, aveva già sostenuto la necessità di un «dialogo intellettuale» con gli agnostici. Si può fare. Sarebbe bello trovarsi in un cortile laico, un luogo dove credenti e non credenti possono confrontarsi pacatamente nel pieno rispetto reciproco. Scoprirà persone che, lungi dal trascorrere un’esistenza angosciata e disperata, sono soddisfatte della propria vita. Quelle persone vorrebbero impegnarsi nella costruzione di una società migliore: ben consce che va costruita insieme a chi non la pensa come loro.

* Segretario UAAR (Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti)

(Da: Micromega, 7 gennaio 2010)

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giovedì 28 gennaio 2010

UN TERZO REATI VIOLENTI DA STRANIERI

(ANSA) - ROMA, 28 GEN - Un terzo dei reati violenti commessi in Italia sono commessi da stranieri, mentre l'80% degli immigrati denunciati e' irregolare. Stando all'Istat, gli immigrati sono autori del 39% delle violenze sessuali, del 36% degli omicidi e di 7 borseggi su 10. Tuttavia - rileva l'Istat - gli immigrati regolari non delinquono piu' degli italiani: sul totale dei denunciati gli stranieri in regola sono il 6%. Secondo il Sindacato della polizia penitenziaria, il 38% dei detenuti e' straniero.

mercoledì 27 gennaio 2010

PUZZARE DI ROMENA

Padova. A scuola le dicono: «Tu puzzi»
Tredicenne romena si butta dalla finestra

La ragazza di Solesino è ancora ricoverata in ospedale
Visitata da amici della scuola ma non dai compagni di classe


di Ferdinando Garavello

PADOVA (27 gennaio) - Emarginata dai compagni di classe perché “puzza di romena”, una tredicenne di Solesino ha cercato di uccidersi gettandosi dalla finestra di casa. È accaduto una settimana fa, ma solo ieri la vicenda è stata resa nota. A divulgare i motivi che hanno spinto la ragazzina a tentare il suicidio è Adrian Teodorescu, presidente dell’associazione “Alleanza romena”.

Teodorescu ha raccolto la testimonianza dei genitori della giovane, che è tuttora ricoverata nell’ospedale di Monselice. Le sue condizioni non sono preoccupanti, ma dovrà fare i conti con una frattura ad una gamba. La ragazza ha ricevuto la visita degli amici di scuola, ma non quella dei suoi compagni di classe. A finire nella bufera è adesso l’istituto comprensivo di Solesino, dove la protagonista dell’odioso episodio – che chiameremo Maria - frequentava la seconda media. Frequentava, appunto, perché ora non ne vuol più sapere di tornare a scuola. «Da qualche tempo la ragazza – spiega Teodorescu – subiva un trattamento riservato e personalizzato dai propri compagni di classe, nella quale è l’unica immigrata».

«Non abbiamo mai avuto problemi di razzismo – racconta il papà, romeno in Italia da molti anni - né noi, né l'altro nostro figlio più piccolo. Invece con Maria, da quando ci siamo trasferiti a Solesino, con l'inizio dell'anno scolastico è iniziata anche la sofferenza. Una sofferenza – continua l’uomo, che lavora come trasportatore – dovuta alle cattiverie dei compagni di classe che non l’hanno accettata perché sembra diversa da loro. Non indossa vestiti di marca, non ha il telefonino alla moda e in più puzza di romena». La famiglia, che in precedenza abitava a Ospedaletto Euganeo, si è trasferita a Solesino da qualche mese. Ora l’associazione presenterà un esposto al dirigente scolastico, perché venga aperta un’inchiesta interna che possa fare luce sull’episodio.

Da: IL GAZZETTINO.IT

lunedì 25 gennaio 2010

Terremoto/Abruzzo: Allarme Infiltrazioni Criminali

(ASCA) - L'Aquila, 25 gen - ''Nelle zone terremotate dell'Aquila e' molto forte il pericolo di infiltrazioni della 'ndrangheta, di cosa nostra e, soprattutto, della camorra''. L'allarme e' stato lanciato oggi dal magistrato Olga Capasso, della Direzione nazionale antimafia. La Capasso e' uno dei quattro magistrati giunti a supporto del lavoro investigativo della Direzione distrettuale dell'Aquila che ormai da mesi e' impegnata a contrastare l'ingresso della criminalita' organizzata nei lavori di ricostruzione post terremoto. ''Difficile - ha spiegato il magistrato - e' scovare queste imprese perche' non appaiono in prima persona; cercano invece di inserirsi in societa' in buona salute, o prestanomi, per mimetizzarsi. In genere - ha aggiunto la Capasso - hanno tutte il certificato antimafia regolare. Andando a scovare, pero', si scopre che le quote sociali sono possedute magari da camorristi, o che queste imprese lavorano in Abruzzo e hanno vinto appalti. Sono collegate sistematicamente in associazione temporanea di impresa con aziende calabresi in odor di 'ndrangheta''. E poi: ''Andando a cercare nella storia di queste imprese i collegamenti si vedono chiaramente ma e' difficile provare che effettivamente anche in questo caso le organizzazioni criminali siano quelle alle quali alla fine arrivano i soldi''.