giovedì 15 luglio 2010

"LE MILLE E UNA NOTTE" A RISCHIO CENSURA IN EGITTO

Foto tratta dal Portale della Danza del Ventre(http://www.taus.it)


Quelle blasfeme "Mille e una notte" a rischio censura in Egitto



E’ il capolavoro più amato e osannato della letteratura orientale. “Le mille e una notte”, le storie di Sherazad, di Aladino, di Sinbad il Marinaio, di Ali Babà e dei quaranta ladroni, rischiano la censura in Egitto. Questo famoso zibaldone di storielle fa infuriare gli islamisti e i conservatori, anche perché la protagonista è un’“eretica” come Sherazad, la figlia dei Sassanidi, i re della Persia pre islamica e zoroastriana, prima della conquista araba del 641 d.C. Nonostante il procuratore generale abbia giudicato “irricevibile” un primo ricorso dei fondamentalisti musulmani, rappresentati dagli “Avvocati senza restrizioni”, gli islamisti annunciano di voler proseguire nel tentativo di mettere al bando il testo, bollato come “osceno” e “antislamico”. Cercano di sfruttare l’articolo 178 del codice penale egiziano, secondo cui chi pubblica “materiale immorale” rischia due anni di carcere. E secondo gli islamisti il famoso testo immorale lo è, in quanto vi si mostra il califfo Harun al Rashid in atto di bere quel vino maledetto dal Corano ma celebrato dalla poesia araba medioevale, nonché scene di un erotismo molto intenso. Già negli anni Ottanta gli islamisti tentarono, invano, di bandire “Le mille e una notte”. Il caso ieri è esploso anche su molti quotidiani internazionali, dal Los Angeles Times all’Independent. Perché il bando è evocato nel più grande paese arabo avviato verso una difficile transizione dopo l’era Mubarak. C’è grande agitazione al Cairo, con il sindacato degli scrittori che ha bollato l’iniziativa come un “attacco al patrimonio culturale dell’umanità”. “Le mille e una notte” parlano molto di sesso, sensualità, erotismo, e proprio il sesso ha avuto molto a che fare con la sua fortuna in occidente, sin da quando un diplomatico francese in missione in oriente, Antoine Galland, portò Shahrazàd in Europa e cominciò a tradurla agli inizi del XVIII secolo. Nel “Tempo ritrovato” Proust non nasconde il fascino subìto dalla raccolta di storie. I racconti furono capaci di fondare l’immagine di un oriente incantato, misterioso. Edward Said, teorico dell’orientalismo, scrisse invece che il libro fu la vera premessa e giustificazione di ogni colonialismo, non solo culturale. “Comprendiamo che questo tipo di letteratura è accettabile in occidente, ma noi abbiamo una cultura differente”, dice Ayman Abdel Hakeem, a capo degli avvocati islamici querelanti. Mohamed Salmawy, a capo del sindacato degli scrittori, replica che “il movimento islamista vuole riportare indietro gli intellettuali”, paragonando l’eventuale messa al bando del libro alla distruzione dei Buddha di Bamiyan da parte dei talebani in Afghanistan. C’è timore per una possibile vittoria degli islamisti. Anche considerando i precedenti. Nel 1990 in Egitto il teologo Nasr Hamid Abu Zayd fu minacciato di morte per avere proposto la storicizzazione del Corano. Successivamente nel giugno 1995 fu dichiarato “apostata” da un tribunale egiziano che lo fece divorziare d’ufficio dalla moglie, tanto che Abu Zayd dovette abbandonare l’Egitto alla volta dell’Olanda. La stessa sorte toccherà all’attivista egiziana Nawal al Saadawi, anche lei divorziata d’ufficio dal marito. I fondamentalisti islamici, che ruotano nell’alveo dei Fratelli musulmani, sono sempre più influenti nei mezzi di comunicazione e nella società. Sempre in Egitto lo scrittore liberale Farag Foda, pochi giorni dopo essere stato dichiarato apostata dalla venerabile Università di al Azhar, fu ucciso con il figlio. Sempre in Egitto Didier Monciaud, docente all’Università americana del Cairo, scoprì dalla lettura dei giornali che l’uso nelle sue lezioni su Maometto dell’orientalista francese Maxime Rodinson aveva offeso alcune famiglie dei suoi studenti con la conseguenza che il libro venne bandito e il docente cacciato. Anche il premio Nobel Nagib Mahfuz si vide travolgere dalla censura islamista a causa del romanzo “Ragazzi del nostro quartiere”, diventando un “apostata”. Mahfuz fu quasi pugnalato a morte per l’accusa di deviazionismo e blasfemia.

Il FOGLIO,14/07/2010 (pag.3)

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